Andai perch ci si crede by Michele Battini;

Andai perch ci si crede by Michele Battini;

autore:Michele Battini; [Battini, Michele]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788838941900
editore: edigita
pubblicato: 2022-02-01T23:00:00+00:00


V. Dunque il funzionario leale alla legge, rigoroso nel rispetto del regolamento, fermo nella scelta di respingere quei certificati vergognosi e di resistere alle ripetute e indebite pressioni si chiamava Antonio Abenaim.

Nuclei familiari di ebrei con cognome Abenaim si erano insediati nelle zone delle colline pisane e nelle città di Livorno e di Pisa sin dall’inizio del secolo XIX, forse anche da prima. Svolsero attività e professioni diverse, nell’agricoltura, nel commercio, nell’amministrazione statale. Un discendente piacentino di quelle famiglie e studioso di Scienze e tecnologie alimentari, ha ricostruito con accuratezza le vicende degli avi delle famiglie Abenaim, Pacifici e Cassuto, collegandole nel tempo alle migrazioni degli esiliati sefarditi dalla Spagna del XV secolo verso l’Egitto, Rodi, l’Italia e le città di Livorno, Pisa, ma anche Genova, Torino, Roma, Casale Monferrato.

Gli Abenaim erano dunque di origine sefardita. Umberto Abenaim era nato in Alessandria d’Egitto nel 1873, e sposò Linda Cassuto. Laureato in Legge a Pisa e di professione avvocato, abitò in Piazza Mazzini, fu membro dal 1900 del consiglio comunale, segretario e consulente della comunità ebraica. Esercitò la professione anche negli anni del regime fascista e riuscì a godere, sebbene per poco tempo, della “discriminazione” prevista dall’articolo 14 dei Provvedimenti per la Difesa della Razza del 17 novembre 1938. Non fu così per il figlio Carlo, ingegnere civile e ufficiale dell’esercito dal 1929, che aveva partecipato alla guerra d’Etiopia (Croce al Merito di Guerra) e aveva fatto una brillante carriera sino ad ottenere il comando di un importante reparto dell’Arsenale Militare di Napoli: Carlo Abenaim venne espulso dall’esercito in conseguenza delle leggi razziali. Come ingegnere trovò un impiego in una impresa edile torinese sino al 1943, quando tornò in Toscana e si rifugiò nelle zone del Pisano (a Rezzano di Calci, poi ad Arena Metato, a Pisa, a Pontasserchio). Sotto falso nome, venne arruolato nella Organizzazione Todt e trasferito a Piacenza, ma evase e trovò asilo e protezione presso una famiglia contadina della Val Nure, peraltro attivamente impegnata nella Resistenza. Carlo così si salvò. Suo fratello e sua sorella, gli altri due figli del vecchio Umberto Abenaim, vennero invece deportati e uccisi. Si chiamavano Vanda ed Ettore. Morirono anche il marito di Vanda, Riccardo Pacifici, rabbino capo di Genova, e lo zio Teofilo Abenaim.

Ettore Abenaim, anch’egli militare, dopo le leggi razziali si era trasferito a Torino, dove venne arrestato nel corso di un rastrellamento di ebrei e poco dopo deportato: partì da Milano il 30 gennaio 1944 con il convoglio numero 6, dal binario 21, destinazione Auschwitz. Un anno dopo, gli internati superstiti del campo ancora in grado di camminare vennero obbligati ad abbandonare Monowitz-Buna per Buchenwald, marciando per molti giorni nella neve. Era il gennaio 1945. Tra i partecipanti della marcia della morte vi era anche Ettore Abenaim. Di lui non si seppe più niente. Primo Levi, che era stato suo compagno, non partecipò alla marcia perché malato, e venne abbandonato ad Auschwitz. Nella relazione sulla propria deportazione scritta nel 1945 per la comunità ebraica di Torino, ricordò Ettore Abenaim: «I sani, in numero di circa 10.



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